Annegati dalle lacrime insulse del piagnisteo permanente, strumentale e militante

 

Francesco Natale

Mettiamo subito un paio di cosette in chiaro: il nostro “prossimo”, specie se “migrante”, spesso e volentieri fa schifo. E’ insopportabile, abissalmente diverso, incompatibile, laido, lurido, rumoroso, molesto, irriformabile, ineducabile, inadeguabile al nostro modello sociale ed al nostro stile di vita. Pur tenendo conto di numerose e significative eccezioni, è spesso e volentieri incline, per cultura di appartenenza, per contingenze legate alle esperienze personali, per il cazzo che volete, a delinquere in solitaria o concorsualmente. Per il “demi-monde” in cui solitamente è già abituato a vivere in patria e che puntualmente si ricrea, come un microclima, nella “sua” terra d’adozione, magari debitamente coadiuvato da valenti “volontari” di ONG/ONLUS, che orbitano attorno ai CPT come faine attorno ai pollai, pronti a fornirgli notevoli rudimenti giuridici, egli sviluppa una conoscenza specifica a proprio vantaggio delle smagliature pazzesche del nostro sistema giudiziario/repressivo ben superiore a quella dello studente medio di giurisprudenza. Diventa, insomma, cosciente appieno della propria sostanziale impunibilità o, addirittura, improcedibilità.

Rappresenta, oggettivamente, un pericolo per la pubblica e privata sicurezza, una turbativa ingiustificata per i contesti urbani ove, come un alveare metastatico, crea le proprie, specifiche, “contro-colonie”, assolutamente non inclini autonomamente a qualsivoglia forma di integrazione, ma, anzi, portate a imporre con la violenza e la tracotanza del caso il proprio modus vivendi.

Dico tutto questo per sottolineare che se noi dovessimo “amare” questo nostro “prossimo” sulla base di quell’asciugone Regina che chiamiamo costituzione, sulla base delle aberrazioni che escono dalla bocca di Laura Boldrini, sulla base della retorica del piagnisteo permanente&militante (La7 del mattino è inarrivabile al riguardo…), sulla base dell’ancor peggior retorica bianchiana/ravasiana/martiniana dell’ “Ultimo”, del “Dimenticato”, del “Diverso”, dell’ “Altro”, di “Stocazzo”, l’istinto primario che animerebbe tutti quelli che ancora conservano un briciolo di nerbo e buon senso consisterebbe nel voler metter mano alla valigetta coi codici di lancio e vetrificare immediatamente negrolandia.

Se tratteniamo la nostra ineluttabile cattiveria, il nostro indubitabile egoismo, la nostra imperfettibile fallacia morale ed umana non è certamente per via dell’articolo 10 della cosiddetta costituzione, non è, meno che meno, per le deiezioni cacofoniche della Presidentessa della Camera, non è, figuriamoci, per le sbavature inconsulte di qualche “priore” o “cardinalicchio”, specie se vaticanoterzisti in servizio permanente.

Ma è solo per Lui: per “quello lì” che è morto in Croce e col Suo Sacrificio ci ha mostrato la Via. Perché solo in virtù dell’amore smisurato che Cristo ha dimostrato per la più imperfetta delle sue creature noi possiamo sperare di superare i limiti che la nostra cattiveria, il nostro perbenismo borghese, il nostro essere avidi e gelosi del nostro quieto vivere ci hanno imposto.

Ed è solo grazie a quell’Amore incondizionato che possiamo, forse, vergognarci della nostra meschinità e imparare a superare (NON ad eliminare: superare) le differenze che oggettivamente ci separano dal Prossimo sul piano culturale e sociale ed in lui vedere solo l’Uomo, il Fratello che ha bisogno. E’ solo per questo tramite che possiamo imparare a gestire le differenze che esistono, comunque, e che solo chi ha segatura nelle viscere e letame nel cranio può pensare e pretendere che siano abolite per legge.

NON si diventa “caritatevoli” per legge così come per legge non si diventa “onesti”.

Ciò premesso, attenzione: Cristiani (e magari pessimi Cristiani) non vuol dire “altraguancisti” senza se e senza ma. Ovvero neppure ai Cristiani piace essere presi permanentemente per il culo, essere narcotizzati dalla bolsa e insopportabile retorica “istituzionale”, e, soprattutto, accettare come normale e naturale la nefanda sindrome dell’autocolpevolizzazione, da qualche anno divenuto sport nazionale di pluridivorziati, malmaritate, anorgasmiche in genere, lesbiche d’assalto ed ex prodiani di sessualità incerta.

Qualche considerazione sparsa al riguardo.

Punto primo, pisciate in faccia senza remore a quanti invocano il Diritto Internazionale come baluardo contro i “respingimenti”: la cogenza del Diritto Internazionale è quantomai nebulosa e rarefatta in assenza di accordi e convenzioni bilaterali. Se è vero, inoltre, che il DI marittimo prevede l’obbligo di soccorso in mare aperto, è altresì vero che uno dei principi cardine, forse il primo in assoluto del DI è il “Diritto a non essere invasi”. E questo NON implica che possiamo sparare ad alzo zero sui cosiddetti “barconi”, ovviamente. Ma implica in re ipsa che possiamo in relativa tranquillità violare le acque territoriali libiche per far dei loro porti falò da sagra paesana, senza alcun “accordo” preliminare, come vorrebbe, guarda caso e nuovamente, la menade Boldrini (Ovvio: a colei basta sempre ottenere l’impastoiamento delle procedure e l’impaludamento degli ordini operativi. Sul perché mi riserberò di scrivere in futuro), poiché l’assenza di un governo effettivo in Libia è problema domestico che non può pregiudicare il NOSTRO status.

Punto secondo: ogni volta che con niagara di lacrimoni, occhioni lucidi da cerbiatta in estro, voce semirotta e mucillagginosa le varie Myrte, Tiziane, Boldrine (si, ancora lei), Vendole, Bianche, Santore, Fazie e Gramelline biascicano di “fino a 6000 Dollari, qualcuno pure 8000, per pagarsi il viaggio della speranza”, ricordatevi che siete fatti oggetto di una presa per il culo gargantuesca, da lavare nel sangue tanto è oltraggiosa, falsa, intollerabile, meschina, puttanesca, inaudita, vergognosa, inqualificabile, lurida, abominevole, infame.

Ragionate con la vostra testa, per Dio (o, se volete, venite a parlare con Said, mio amico mauritano di Nouakchott): guardate qual è il reddito procapite di Sierra Leone, Nigeria, Congo, Centre-Afrique, Mauritania, Algeria, Senegal o altre zone safari di vostro gusto. Indi usate il semplice buon senso (se no Said vi spiegherà nel dettaglio, teste dure!): chi riuscisse a disporre di cifre simili (dai 1500 dollari in su), e quasi nessuno può in quei contesti, STAREBBE allegramente a casa propria, poiché sarebbe, di fatto, quasi benestante. Con cifre assai inferiori rispetto a quelle pubblicizzate criminalmente da tutti i TG nazionali a quelle latitudini si compra casa. Si compra un piccolo o medio esercizio commerciale. Si garantisce per ANNI il vitto per i propri familiari. Il punto è che NESSUNO dispone di tali cifre: se così fosse il problema dei “migranti” sarebbe già autonomamente risolto. Eppure qualcuno “paga”, in effetti, per far transitare questi poveri disperati da una sponda all’altra.

Il sistema standard è il seguente: chi sceglie di imbarcarsi viaggia solitamente gratis. Pagherà il debito contratto, magari vita natural durante, garantendo la propria “manodopera” alle associazioni criminali “omorazziali” o “eterorazziali” presenti nello stato d’arrivo. Se si tratta di “ricongiungimento familiare”, moglie e figli, già presenti in Italia, del “migrante” vengono usati come clausola rafforzativa del “contratto” di associazione.

Vi sono poi “intermediari”, che svolgono solo il servizio di transito e “rivendita” non avendo partecipazione diretta in associazioni criminali autoctone: questi sono pagati “a pezzo”.

Resta in tutto questo assai ambiguo o, comunque, assolutamente inadeguato il ruolo dei CPT (o come cazzo si chiamano oggi), dai quali è facilissimo fuggire, nei quali non si sa bene cosa succeda.

Con questo non dobbiamo neppure immaginare che i disperati del mare finiscano tutti a fare i “cavalli”, ovvero i piccoli spacciatori: ripensate a quanto accadde in Calabria qualche anno fa, ove il “caporalato” gestito dalla ‘ndrangheta si avvaleva sistematicamente di manodopera “afro” non stipendiata per la raccolta dei generi ortofrutticoli, mantenendola difatto in condizione di schiavitù.

Sempre Said, il mio amico mauritano, potrebbe raccontarvi di quando il suo “stipendio” per aver lavorato come cameriere, lavapiatti, factotum 4 mesi in una notissima pizzeria del Tigullio fu…il rinnovo del permesso di soggiorno. Esattamente: non una mezza lira, non una stamberga dove dormire dopo 14 ore di lavoro.

Questo, tanto per capirci, per dare una svegliatina a quelli che “gli immigrati sono una risorsa!”. No: allo stato attuale delle cose sono, bontà loro, tutto il contrario di una “risorsa”, comportando con la loro semplice presenza coniugata all’esser grandissimi figli di puttana di certuni esercenti/imprenditori un deprezzamento spaventoso del costo del lavoro. Da noi in Liguria, specialmente nella provincia di Genova, il problema ha raggiunto proporzioni pandemiche: la risposta standard che il “datore” fornisce a chi lamenta offerte stipendiali ridicole è sempre la stessa: se non ti va così fai spazio, che ne ho quaranta dietro di te che vengono via anche per meno.

Ah! La vecchia signorilità borghese della Superba!

In ultimo, aprite bianciardianamente il fuoco su quella manica di relitti umani, di “racaille”, di spazzatura genetica che cerca di inocularvi la sindrome dell’autocolpevolizzazione: “Il Sud del Mondo è colpa TUA che fai la doccia tre volte al dì RUBANDO acqua a Madre Gaia, che usi cosmetici testati su oloturie e nudibranchi, che allevi bovini pericolosi emettitori di gas serra -giuro: ci sono pure buchi di culo parlanti che ritengono le vacche inquinanti!-, che sei ricco perché hai rubato a chi non ha, che non sei consapevole, liberato, solidale, equo, che pensi solo a pizza e lasagne e non te ne frega nulla della macinatura del sorgo in Etiopia e del miglio sulle Ande (No: a me personalmente non me ne fotte un cazzo: si vede che sono una brutta, bruttissima persona)”. Questi sono i peggiori in assoluto: perché pur figli del benessere estremo -mai avrebbero potuto invilupparsi in contesti da minatore boliviano, per capirci…-, lo stigmatizzano con quella degnazione, quella supponenza, quella albagia che solo gli ultraricchi possono davvero permettersi. Due cartoni per la faccia e un calcio nel culo ben dato sono, solitamente, antidoto sufficiente. Se vi sentite inclini alla giustizia poetica…introducete pure un estintore come argomento conclusivo nella diatriba. Per difendervi si intende…

Ad maiora

 

Quella sinistra zombie: morta, putrefatta ma assai pericolosa

 

Francesco Natale

 

Fateci caso: la rottura e la conseguente nebulizzazione del rapporto dialettico che ha caratterizzato l’ultimo ventennio è consumata ed irreversibile.

Nel volgere di una manciata di mesi il più grosso e rappresentativo partito della sinistra italiana ha subito una trasformazione quasi palingenetica.

Non entro nel merito qualitativo della questione, ovvero se tale riconversione sia stata e sia buona o cattiva, efficace o inutile, spontanea o eterodiretta.

Il dato elementare è uno: il PD ha cambiato faccia. Forse, e dico forse, anche sostanza.

Il punto focale, lo snodo politico in assoluto significativo non riguarda tanto la bontà o meno del “Job’s act”, della estenuante “legge anticorruzione”, della riforma del CDA della RAI, quanto più l’abbandono sistematico, la ricusazione totale, potremmo dire, della strategia che ha reso la sinistra italiana inesorabilmente perdente dal 1985 in avanti. Soprattutto e paradossalmente quando essa “vinceva”.

La diserzione del fronte è stata rapida, inarrestabile, appassionatamente motivata.

Meglio: la diserzione dei due fronti sui quali la sinistra pre-renziana si è impantanata profondendo sforzi spaventosi, da Armata Rossa in Afghanistan. Dispendio di energie e di risorse non solo inutile, ma deleterio ed autolesionista.

I due fronti che Renzi ha mollato ad autonomo destino dovrebbero ormai essere evidenti a tutti: da un lato il conservatorismo estremo e tetragono, cifra distintiva di una classe dirigente il cui “ubi consistam” era ormai confinato esclusivamente alla preservazione dell’apparato. Un apparato sterminato, pletorico, ramificato capillarmente il quale era unico elemento in grado di garantire ancora potere, influenza, ruolo. Un cane che si mordeva la coda. Ed una zavorra spaventosa per il sistema Italia. L’altro fronte è quello delle cosiddette “battaglie civili”, quelle tradizionalmente di retroguardia.

Sul primo fronte non c’è molto da dire: il processo di “rottamazione” può dirsi quasi compiuto. Renzi è “one man army”: una sorta di Putin nostrano dal punto di vista della gestione domestica del Partito nel quale l’opposizione interna sta praticamente a zero, cioè a Fassina e Civati, quindi, per meglio dire, all’algebra.

Il secondo fronte, per quanto abbandonato, presenta tuttavia aspetti problematici e potenzialmente pericolosi. Molto pericolosi.

Che la svolta in salsa neocentrista/riformista del PD sia l’obiettivo del premier è chiaro e cristallino: nei suoi intenti (vedremo quanto realmente praticabili) la sinistra che funziona è quella che si aggancia, in primo luogo, al dato reale, al di là di ogni possibile “diktat” o filtro ideologico. Ad emergenza si risponde, ad istanze legittime pure, a problema si cerca soluzione. Presupposti sostanzialmente corretti: esiti, forse, un pò meno. Ma siamo comunque di fronte ad una specie di “rivoluzione copernicana” alle latitudini “dem”, per decenni ostaggio di steccati ideologici, del rapporto ancillare nei confronti della CGIL, della ferma convinzione nella propria superiorità antropologica, dell’essere, ontologicamente, avulsi dalla Realtà.

Su questa linea, io ne sono convinto e spero di non sbagliare, a Renzi delle cosiddette “battaglie civili” non gliene frega un cazzo.

Memore dello scempio che hanno prodotto e del quale sono giustamente rimasti vittime Zapatero in Spagna e Hollande in Francia, fottendosene altamente delle manifestazioni fallimentari organizzate e/o minacciate da mummie come Cofferati o ottuagenari nell’anima come Landini ma al contempo attentissimo a non ritrovarsi la “Manif pour tous” sotto casa (vedi Hollande) o circondato dalle mai abbastanza benemerite Sentinelle in Piedi, egli sa benissimo che arenarsi nuovamente nella sterilissima e paludosa Waterloo del post-radicalismo transumanista e massonico inficerebbe completamente la sua agenda politica. Meno che meno gli gioverebbe mettere gli Italiani di fronte al fatto compiuto, magari con decreti draconiani approvati nocturno tempore: i consociati gli presenterebbero un conto assai salato alla prima tornata elettorale, e questo Renzi lo sa molto bene.

Diamo quindi per buona ed avvenuta, e speriamo davvero che sia così, la svolta realista del PD.

Ma…cosa resta allora della cosiddetta “sinistra sinistra”?

Semplice: nulla di nulla. Ma attenzione: un nulla potenzialmente pericolosissimo, come tutti quei “nulla” che mirano ad instaurare tramite il “soft power” la dittatura della minoranza.

Come aveva rilevato con notevole lungimiranza Toni Negri in “Empire”, l’asse politico della sinistra tradizionale avrebbe subito uno spostamento progressivo del baricentro: dal marxismo come dottrina non solo economica ma visto e vissuto come chiave di interpretazione critica definitiva della storia si sarebbe passati, con inevitabile ed inesorabile slittamento, al campo dei “diritti civili”. Dal “Popolo” alla “massa” per arrivare alla “moltitudine liquida”, che non rappresenta più avanguardia intellettuale della classe operaia, ma la somma di singoli individualismi non più cementati dal mastice granitico dell’ideologia, bensì dalla mucillagine del perbenismo borghese.

Una poltiglia ripugnante, insomma.

La quale, attenzione, nemmeno è più riconducibile esclusivamente alla “sinistra” post-comunista o al radicalismo “engagé”, ma risulta, nella sua soffusa e permeante melmosità, transideologica e transpartitica: accomuna, insomma, quel che resta di una sinistra un tempo criminalmente gloriosa, a modo suo, con quel che resta di una destra di fatto mai realmente esistita qui in Italia.

Pensateci: se eccettuiamo relitti macerati da salsedine e crostacei tipo Ferrero&Ferrando, comunque favorevolissimi a derive “azioniste” anticlericali ed antifamiliari, tutto quel che resta della sinistra extrarenziana si coagula attorno ad un unico fulcro: “matrimoni” gay, difesa strenua della 194, adozioni libere&selvagge, procreazione cybernetica, leggi liberticide, operazioni di cambio di sesso gratuite a carico del SSN, eutanasia per bambini, anziani, depressi, liberalizzazione delle droghe leggere, diritto alla tossicodipendenza, migranti come “risorsa”.

Basta: tutto qui. Non una ricetta economica credibile e alternativa, non una considerazione sensata su welfare e mondo del lavoro, non una proposta che sia una di aiuto concreto a famiglia, imprese, corpi sociali intermedi, non una proposta efficace o, perlomeno, sentita su sicurezza pubblica e privata. Non, in definitiva, una singola sillaba di Politica con la “P” maiuscola.

Ora, se è vero come è vero che Renzi non è un cretino fatto&finito, è altresì vero che questa “trans-sinistra” morta, decomposta, putrefatta pur si agita, allampanata e minacciosa, come un cadavere animato, che mira a espandere di morso in morso il proprio contagio.

Il loro tentativo, da Vendola a Scalfarotto passando per Boldrini, Concia, Fini (si, pure lui per quel che conta), jet set “impegnato”, Fazio&Gramellini, cantanti che non siano Nek o Povia è semplice e chiaro: imporre, attraverso la sistematica falsificazione del dato reale nonché della natura stessa delle cose (in questo riscontriamo ancora la presenza degli ultimi germi di un agonizzante marxismo/leninismo) la dittatura della minoranza.

E la strategia è sempre la medesima: la creazione di un neolinguaggio, l’autocommiserazione e il vittimismo, il richiamo ai “buoni sentimenti” coniugato senza soluzione di continuità ad un fascismo strepitante da Minculpop verso quanti non si allineano al loro pensiero unico, l’aggressione sistematica alle fondamenta stesse del nostro tessuto sociale.

Una crasi ributtante tra Gramsci, Federico Moccia e Joseph Goebbels, ove riscontriamo la volontà marziale di impadronirsi del significato delle parole (Gramsci), la zuccherosa e surreale rappresentazione del “sentimento” (Moccia) ed una macchina propagandistica da Terzo Reich (Goebbels).

Guardia alzata, quindi, sempre: perché se è vero che il Premier cela, neppure troppo bene, una insofferenza sistematica verso questi alfieri della “modernità” e se è vero che i suddetti pencolanti zombie sono poco più di un plotone e non esercito come vorrebbero far credere ai più è altrettanto vero che la loro capacità di sfruttare surrettiziamente le “armi dei deboli”, ovvero le peggiori, più pericolose, insinuanti e luciferine è conclamata.

No pasaran!

 

Ad maiora…

 

 

Derby casalingo Gramellini/Fazio: quando l’amore vince sempre. Basta che c’è…

Francesco Natale

 

Si amano Fabio e Massimo. Si vede. Se anziché in uno studio televisivo si trovassero seduti dentro ad una Smart, ibrida, ecologica, solidale e differenziata, si intende, immagino che al primo incrocio di sguardi i finestrini si appannerebbero in un battibaleno di densissima condensa e dallo stereo partirebbe in full auto l’attacco di basso di “J’é t’aime moi non plus”.

Sulle note della quale entrambi si immedesimerebbero nel gemente ruolo di Jane Birkin, tuttavia, poiché Sergej era un bastardo, un alcolista, un puttaniere e, soprattutto, uno con le palle.

Si amano, e tanto, Fabio e Massimo, pure troppo. Il mio margine di tolleranza della loro contemporanea epifania d’amor postmoderno si aggira sempre attorno ai 30 secondi (e ieri sera non ho segnato nuovo record…), ma tanto basta per notare quanto e come una completi la frase dell’altra, o, meglio, quando l’una ripete pedissequa, a rafforzamento di imperitura affectio maritalis, la frasetta appena detta dall’altra per darsi ragione vicendevolmente, annegandosi reciprocamente in sguardi di languore cerbiattesco, certo, ma tanto, tanto, tantissimo preoccupati per i destini del Mondo, con appena quell’accenno di ruga frontale che increspa i bei musi di pallido incarnato da cantori protestanti perché, oh qual scempio, c’è la guerra in Siria, in Ucraina, a Napoli e a Rozzano, a Lodi e in zona Prati, certo & certamente, ma la vera tragedia è quel povero balenotto spiaggiato e morto, Leviatano ormai carogna, in quel di Long Island.

Si amano davvero, Fabio e Massimo, bevono l’una le parole dell’altra, se le ripetono, si ascoltano davvero, mica come le coppie di una volta dove mica regnava la parità, l’equità, la solidarietà. Non indulgono mai, mai, mai e poi mai in qualcosa di così volgare, cheap, nazionalpopolare come la risata a fauci sbracate. Al più, fini&raffinati, cedono all’ombra d’un sorriso un pò men che sinistra, quella propria di quanti avendo penetrato gli Ultimi Arcani di Vita et Amor, consci del proprio stato d’elezione sempiterno e intangibile, non vogliono offendere gli “altri”, gli inferiori, sbandierando apertamente loro cognizione ultimativa. Al massimo, se la giornata le vede in buona, gemelline cortesi appena più di Paola&Chiara e un parsec meno delle Kessler, tirano qualche nocciolina al pubblico adorante e rincoglionito. Pubblico il quale, loro lo sanno benissimo, si contenterebbe pure d’una badilata di stallatico, purché proveniente dalle loro manine tenere e grassocce.

Maestrine coraggiose di quella comunicazione così fluida che nemmeno un silos di Imodium potrebbe più solidificare ormai, si amano, insomma. E si preoccupano. Di brutto. Non solo per il povero Leviatano ormai ridotto a cotolette panate e ad olio lampante.

Ma per via di quelle orribili, orribilissime, bruttissime e scadentissime Sentinelle in Piedi, che, parola di Massima a Fabia, pure leggono libri “Dal titolo: Sposati e sii sottomessa” (cioè, capite? Sposati e sii sottomessa: non basta questo per il campo di eliminazione?) e si battono “contro l’approvazione del reato di omofania” (Nda: quello scempio linguistico, avete capito quale, invenzione di pessimo giornalismo, da queste pagine è bandito. Vietato. Espunto a priori con estremo pregiudizio).

Ripete, ingioiata come un’alce in stagion dell’estro, Fabia: “Si! Ribadiamolo, Massima. Bisogna ribadirlo. Le Sentinelle NON VOGLIONO l’approvazione del reato di omofania”. Eh si, bisogna ribadirlo qualora all’incauto ascoltatore ancora munito di qualche saltuaria sinapsi non sanguinassero già tutti gli orifizi e non fosse sopravvenuta irreversibile atassia.

Eccerto, mica possiamo fare torto alle nostre Giuliette targate 21esimo secolo. Perché mai dovremmo leggere i libracci di Costanza Miriano quando a disposizione abbiamo un manoscritto perlifero quale è “Fai bei sogni”, della piccola scrivana gramellina? Riporto qui, a guisa di Hapax Legomenon, una sola perla che rende impareggiabile questo efficace succedaneo dell’Asciugone Regina: “E’ nulla il morire. Spaventoso è il non vivere”. Cazzo, boys&girls, non so a voi, ma a me è venuto duro come il diamante: Dante, Milton e Mishima riassunti in un’unica potente affermazione, di magniloquenza impareggiabile, di irresistibile frenesia estetizzante. Altro che il Des Esseints di “A Rebour”…

Una sola avvertenza, care e amatissime Sentinelle: non provate a leggerlo stando in piedi. Neppur la vostra straordinaria Fede basterebbe a salvarvi da inesorabile e repentina narcolessia…

 

Ad Maiora