Riguardo al porto d’arma e al libero esercizio della medesima

 

Francesco Natale

Carlo Collodi era un genio. Senza lanciarsi in una pedante e pallosissima ermeneutica del suo “Pinocchio”, mi soffermo su un solo, singolo passo della sua grande opera: il giudice gufo chiamato a render sentenza sul furto degli zecchini d’oro che lo scapestrato burattino ha subito ad opera del Gatto della Volpe.

“A questo burattino sono stati rubati tre zecchini d’oro: sbattetelo in gattabuia e che non se ne parli più”.

Sintesi perfetta e profetica degli strani giorni di merda che viviamo oggi, nel nostro quotidiano.

Scrivo qui, oggi, partendo da una riflessione estemporanea del mio amico Ricky, amante e praticante delle armi da fuoco, il quale mi fece notare una cosa alla quale, pur avendone contezza nel subconscio, non avevo mai effettivamente e concretamente pensato: la straordinaria capacità di equalizzazione della forza che l’arma da fuoco possiede.

Semplificando: se per malaugurata sorte vi trovate in un vicolo semibuio del lodigiano, magari avete fatto tardi a lavoro, siete scesi da un treno alle 21.00 (E già avete superato incolumi la stazione di Lodi in notturna: roba che oggi ha del miracoloso…), dovete raggiungere la macchina parcheggiata a fanculandia, e all’improvviso emergono dallo sfondo del suddetto vicolo 5 energumeni, Italiani o meno non importa, siete semplicemente fottuti. Non avete speranza, o quasi, a meno che pezzi del DNA di Chuck Norris vi scorrano potenti nelle vene.

Se per sbaglio avete pure la sventura di essere una Donna, di qualsiasi età, al peggio non si pongono limiti. Lo stupro è di default. Ed è, forse, il “minimo” che vi può capitare. Il sequestro e lo stupro reiterato per giorni è scenario tutt’altro che improbabile. Il “gran finale” è l’assassinio (vostro): un qualcosa che a quel punto viene comprensibilmente visto come benedetta liberazione.

Di fatto, non avete scampo.

E’ un qualcosa di causalmente connesso al meccanismo della predazione e, soprattutto, alla piena coscienza da parte dell’agente o degli agenti che tale predazione sia sostanzialmente non perseguita, non prevenuta, non stigmatizzata con l’estremo pregiudizio che il caso richiederebbe.

Di fatto una predazione impunibile.

Siete tutti e, soprattutto, TUTTE vittime potenziali: dovete solo sperare in quei momenti critici del vostro vissuto quotidiano che Moloch stia guardando da un’altra parte, che si sia già saziato con un’altra preda, che sia troppo liquefatto da alcol e droga per esigere un ulteriore banchetto.

Del quale, in caso contrario, voi sarete la portata principale.

Ora, e qui la questione si fa tosta, c’è un solo strumento che vi mette in grado di ribilanciare, di equalizzare appunto, il rapporto di forza altrimenti abissalmente sproporzionato: l’arma da fuoco.

Che si tratti di uno, cinque, venti aggressori l’arma vi mette in grado di reagire.

E di reagire in maniera tale da sterilizzare o disincentivare qualsiasi azione o reazione.

Attenzione: io ho volutamente semplificato, e di parecchio, la situazione.

Ma il succo della questione non cambia: abbiamo quotidianamente a che fare con una masnada innumerevole di marginali, abituati all’esercizio della violenza, professionalmente od occasionalmente delinquenti, con poco o nulla da perdere, magari “incendiati” dal super-ego criminale che viene debitamente coltivato dalle “gang”, in base al quale la predazione della vittima occasionale è considerata rito iniziatico, di fronte ai quali siamo, semplicemente, imbelli.

Nel senso etimologico del termine: sprovvisti del pur minimo meccanismo di difesa.

Mentale prima ancora che fisico e materiale.

Così non può andare.

Penso a quella ragazza che, di ritorno dall’Università, è stata ripetutamente violentata da tre “latinos” a Sampierdarena non più tardi di tre mesi fa.

Penso a quel disgraziato capotreno al quale è stato amputato un braccio a colpi di machete sulla linea delle Ferrovie Nord di Milano.

Penso ai due anziani uccisi, lei prima violentata, vicino a Mineo pochi giorni or sono.

Penso a chi è stata rapinata, stuprata e infine sgozzata nel cosiddetto “centro storico” (una fogna a cielo aperto in realtà: umanamente e materialmente) di Genova

Penso a chi, circa 8 anni fa è stata di fatto sequestrata, pur se per poche ore, malmenata fino a slogarle una spalla, fatta oggetto di violenza fisica e psicologica intollerabile nel “privé” sotterraneo (domanda puntigliosa: che se ne fa di un “privé” “particolare” ed interrato un locale? Chiedetevelo pure voi…) di un notissimo “locale” in zona Vittoria sempre a Genova, ad opera dei valenti scherani di un “piccolo big” impegolato in faccende di edilizia, palestre, centri estetici, discoteche.

Penso a quanti sono stati uccisi in maniera assolutamente estemporanea ed imprevedibile con una picconata nel cranio da un extracomunitario insano.

Penso a due prostitute albanesi minorenni sventrate dalla vagina alla gola e mollate come bestiame macellato, come spazzatura, in riva al fiume a Chiavari 6 anni fa.

Penso, in definitiva, alla violenza quotidiana che innumerevoli predatori esercitano sistematicamente tra club, appartamenti, strade, locali pubblici, vicoli bui e boulevard illuminati.

Impuniti ed impunibili, poiché di fatto ignorati. Da noi “gggente per bene” prima ancora che dalla Forza Pubblica.

Da Lavagna a Sarzana, da Roma a Milano, da Borghetto Santo Spirito (centrale di reclutamento della bassa manovalanza per gli “onorati cugini”, Calabresi e non solo) a Loano, da Perugia a Ostia.

Penso a come e quanto avrebbero potuto finire in maniera diversa, forse, anzi, senz’altro, più giusta tali situazioni se le prede fossero state armate.

Non ho certezza assoluta del valore salomonico di una calibro 9, ma, di sicuro, queste vittime avrebbero se non altro avuto una possibilità. Forse una sola.

A volte basta: non ne servono di più.

Ora, io non sono in alcun modo aderente ad una “cultura militarista”. Non fantastico su legioni di ronde paramilitari armate a tutela del cittadino-che-paga-le-tasse. “Credere, obbedire, combattere” lo lascio ai pupazzi di Forza Nuova (i quali, per inciso, vista la loro tetragona dabbenaggine, fanno al netto il gioco del “nemico” che dicono di voler combattere…) Non ho il porto d’armi né penso di fare domanda per averlo: non sono stato educato all’uso delle armi, che pure mi piacciono, e qualche risalente problema di troppo tra alcol e carattere di merda mi spinge ad estrema prudenza nell’includere nella mia sfera soggettiva un’arma da fuoco: la tentazione di diventare un Charles Bronson “ddde noiartri”, di ripulire palingeneticamente il Mondo a cominciare dal “cortile” di casa mia talvolta è forte. Fortissima. Meglio sedarla, fare la guardia alla propria pur giustificata iracondia e stringere i denti, lontano da Jackhammer, SPAS-15, P-90 e altri gioiellini del “bum bum”.

“Laicamente”, diciamo così. mi pongo delle domande.

Quello che so per certo è che la nostra “debellatio”, assai risalente in verità, è una cancrena marcescente: una pastoia mostruosa nella sua sottile, insinuante, luciferina “ragionevolezza” che assolve ad un solo, unico scopo.

Impedire che le prede, le vittime, le bestioline da macello rompano i coglioni.

Impedire che causino problemi, ovvero che mettano in luce col loro comportamento attivo volto all’autotutela le abominevoli, gigantesche falle nel nostro sistema di pubblica sicurezza.

Dobbiamo semplicemente subire. Chinare la testa. Pregare di non essere il prossimo “input” in una statistica. Pregare che un nostro congiunto, familiare, amico non sia l’ennesimo “input” in una statistica.

Una condizione, dal punto di vista psicologico, se non fisico tout court, assai prossima alla schiavitù.

Non ho, purtroppo, una risposta definitiva e strabiliante, efficace e ponderata.

Certamente mi sono rotto il cazzo di sentire sproloqui senza capo né coda, ideologicamente fradici di luoghi comuni, unicamente volti alla preservazione di uno status-quo a mio giudizio intollerabile.

Mi limito a cercare di sfatare qualcuno tra i più perniciosi di tali luoghi comuni.

Innanzitutto: fin dall’Alto Medio Evo (Nota bene: chi considera tale periodo “buio” è pregato di correre in bagno, abbracciare il cesso e partire in direttissima per vaffanculo: questo non è il blog del ladro di ossigeno Saverio Tommasi. Qui si distribuiscono, e gratuitamente per di più, Verità Assolute e Rivelate. Chi la pensa diversamente si accomodi: il pianeta fanculo è da quella parte) la condizione di Uomo Libero praticamente si concretizzava nel libero porto delle armi.

Eri realmente libero poiché avevi il mezzo (e la volontà di usarlo) per difendere te stesso, la tua famiglia, la tua proprietà.

In assenza di questo la “libertà” era una parola vuota: equiparabile per contenuto all’export di “democrazia” obamiano in Nord Africa.

Un NULLA insomma.

Già da questo deduciamo un assunto elementare, lapalissiano, naturale…eppure oggi sparito dal nostro “DNA sociale”: difendere la propria incolumità, quella dei propri congiunti, l’integrità di ciò che è proprio è GIUSTO.

Senza possibili eccezioni.

O lo fai, qualora il caso lo richieda, o sei meno di uno schiavo.

In secondo luogo, l’obiezione che i proibizionisti del calibro 12 avanzano, imperterriti ed imperturbati da decenni è la seguente: “La liberalizzazione delle armi da fuoco comporterebbe in automatico l’accesso incontrollato alle armi da parte delle malavita, dei delinquenti, della MAFIA (parola dal valore ieratico nel nostro disgregato paese: basta sentirla pronunciare con adeguato accento sofferto ed aspirato da qualche Saviano o Travaglio del caso per mettersi sull’attenti, tirare fuori un’agendina rossa e maoisticamente intonare qualche vigliacco ed ipocrita peana funebre dedicato a Peppino Impastato o Giovanni Falcone. Come se cantare in voce bianca ci facesse crescere le loro palle…)”.

Una cazzata micidiale, criminale, vomitevole, insoffribile, scandalosa, ributtante: chi delinque abitualmente o è comunque corrivo al “milieu” HA GIA’ liberissimo accesso a qualunque arma, autoctona o d’importazione.

Chi delinque ha in sua piena disposizione risorse, canali, conoscenze per entrare in possesso di interi arsenali.

Questa ripugnante mistificazione, ispirata e fertilizzata da altrettanto ripugnanti soggetti per i quali la destabilizzazione sociale è fulcro primario della loro “leva politica”, ha generato e genera tutt’ora, inesorabilmente, una sperequazione insanabile nel rapporto di forza tra delinquente e comune cittadino: il primo ha, proprio grazie al proibizionismo, accesso ad ogni mezzo immaginabile per vessare il secondo, il quale o subisce e tace, o, Dio non voglia, se per sbaglio possiede un’arma, per uso sportivo o venatorio che sia, è fatto oggetto di un “monitoring” costante, di una compressione della sua sfera soggettiva manco fosse Osama Bin Laden.

Un paradosso kafkiano: noi non sappiamo quali e quanti delinquenti siano in possesso effettivo di un’arma. Ma sappiamo che tu ce l’hai, poiché l’hai dovuta denunciare. Ergo sei un bersaglio facile: tanto vale sorvegliare te.

Se per sbaglio ti permetti pure di usarla, vedi il caso del benzinaio eroe o del tabaccaio stufo di subire rapine, di fatto vieni percepito alla stregua di un deicida.

Abbiamo pure dovuto digerirci, nel caso del benzinaio, le interviste ai familiari dell’alieno deceduto in seguito alle ferite riportate, i quali in maniera non velata ma manifesta e sfacciata hanno apertamente dichiarato, a telecamere accese, che “avrebbero saldato il conto”.

Cioé, capiamoci: l’avere impedito una rapina e, soprattutto, lesioni gravi ad una sventurata commessa diventa una specie di “reato morale” extra codicem. Ne segue che: NOI abbiamo tutto il diritto di rapinare, fare il comodo nostro e magari stuprare o ledere una Donna, avere libertà di fuga e quindi di goderci il bottino.

Se qualcuno ce lo impedisce la pagherà cara.

Costoro, citati qui come hapax legomenon, ridefiniscono nel quotidiano il concetto stesso di “Giustizia” e di percezione della medesima..

In un paese civile finirebbero appesi ad un pennone e lisciati da 100 frustate.

Nel nostro geoteratoma peninsulare acquisiscono il rango di filosofi del diritto alla stregua di Kelsen o Dworkin: ridefiniscono attraverso il pensiero, la parola, l’azione i fondamenti stessi del giure.

Ci spiegano loro come funziona il nuovo “codex”. E Giustiniano vada pure a fare in culo.

“Racaille” della peggior specie: spazzatura sub-umana doppiamente colpevole. Non solo per quello che fa, che già basterebbe: ma ancor più per la violenza morale, per lo stupro psicologico che ci impone, attraverso l’efficace mix di piagnisteo, instillazione del dubbio (dubbio? Quale o quali, per Dio?!?!?), e tracotante, manifesta violenza espressiva.

Un cancro metastatico che, e in questo meriteremmo davvero di fare la fine di Atlantide , pensiamo veramente di contenere con l’omeopatia boldriniana.

Come se ciò non bastasse, arriviamo all’ennesimo punctum dolens.

Chi scrive, nonostante le apparenze ursine e belluine, ha estremo rispetto per quanti indossano una divisa. Ritiene altresì che i fenomeni, pur presenti, di corruttela e fancazzismo ascritti alle nostre Forze dell’Ordine siano esagerati da una “stampa” infame e da un’opinione pubblica i cui fomentatori davvero meriterebbero di vivere nel mondo che preconizzano con le loro concioni “libertarie” ed “inclusive”: penso si convertirebbero nel volgere di poche Lune.

Ma…già, ma: per bocca di amici Agenti ed Appuntati, lo scoramento e il senso di parziale inutilità è forte. Fortissimo.

Ho perso il conto dei casi riferitimi in via ufficiosa riguardanti arrestati in flagranza per i quali il giudice non ha confermato il fermo trascorse le canoniche 24/48 ore.

Tengo ancora il conto, poiché meno frequenti, i casi di amici che hanno passato guai seri per avere sparato in aria al fine di intimidire il reo.

Non so se ridere o piangere pensando ad una “nostra” volante seminata da una, attenzione, Ypsilon 10 rubata a seguito di un furto con scasso: i guidatori, albanesi nel caso specifico, non hanno esitato ad aprire il fuoco sulla “gazzella”. Chi è stato protagonista dell’evento mi confessò: “Chi me lo fa fare per una merda di stipendio e per dovermi poi passare una fila di guai giudiziari se reagisco al fuoco?”. Non condivisi, ma capii…difficile dargli torto.

Un altro amico, Carabiniere, una sera mi disse, tra un bicchiere e l’altro (Non era in servizio): “La cosa peggiore che ti può capitare è ammazzare o ferire un ladro che ti ritrovi in casa. Te lo dico qui e ora: se mai ti capitasse, Dio non voglia, stendilo. Quindi caccialo in un bidone, giù da un argine, in un fosso. L’importante è che non te lo troviamo noi in casa, morto o, peggio, ferito: passeresti guai a non finire e noi non potremmo farci un cazzo…se non raccogliere la sua denuncia assieme alla tua”. Esagerava? Non so. Non mi pareva davvero.

Siamo, volenti o nolenti, vittime della giustizia di Pinocchio: per un insieme contorto e inviluppato di circostanze concomitanti non abbiamo garanzie e protezioni efficaci.

Il libero porto dell’arma è la soluzione? Non lo so. Non ne ho certezza.

Ma so per certo che, essendo il delinquente medio un vigliacco terminale, forte con i deboli e insignificante di fronte ai forti, insinuare in lui il dubbio che dietro a quella vecchia e apparentemente indifesa pensionata si possa celare un canne mozze o un affilato coltello Kukri disincentiverebbe pesantemente la sua smania predatoria.

Possibilmente e doverosamente in maniera terminale.

Ad Maiora…