Orchesse e sciacalli che applaudono ai funerali

Di Francesco Natale

Vedete, io vi vedo.

Nonostante la fatica e il voltastomaco che mi comporta, vi vedo.

Promotori di “flash-mob”, campioni di piagnisteo pur di avere 35 secondi di visibilità, cooperativi le cui “cooperative” non hanno mai fatto un cazzo se non prosciugare qualche ricchissimo finanziamento statale, strepitanti tribadi con una cattedra a Utrecht (il che, già geograficamente&storicamente, dice tutto. Ma proprio tutto).

Vi vedo.

Vi guardo.

Vi disseziono senza alcuna difficoltà, perché nel vostro Essere sub-umano siete perfettamente leggibili.

Il vostro obiettivo, infami orchesse e nefandi invertiti, è mettere le mani sui Bambini.

Non esiste lago di sangue troppo profondo che non siate disposti ad attraversare pur di metter le mani sui nostri Figli.

Ogni efferato omicidio che vede come vittima una Donna diventa pretesto.

Sfruttato, come una vincita al casinò, pur di promuovere la vostra abominevole agenda.

Nelle vostre scrivanie, come in quella di un notissimo trombato alle Elezioni Regionali qualche decennio fa, ci sono già pronte le liste.

Dei papabili di assunzione.

“Psicologi”, “consulenti”, “tecnici”, “esperti”.

Una masnada di parassiti che, tuttavia, siccome “tengono famiglia”, sono individuati come potenziale bacino elettorale inesauribile.

Ma c’è, ovviamente, qualcosa di più profondo.

Luciferino.

Demoniaco.

L’idea stessa che “lo stato”, e solo “lo stato” sia in grado di “educare”.

L’indegna polemica d’oggidì solo questo riguarda: denaro da un lato, potere dall’altro.

Queste colossali facce di merda il cui negletto culo travalica i limiti d’una povera sedia tra Parigi, Roma, la summenzionata Utrecht non vedono l’ora d’avere prebende e potere.

Prebende e POTERE.

Soldi.

E impunità nel determinare “l’educazione” dei nostri Figli.

Viene uccisa una ragazza?

Pronti a cogliere la palla al balzo.

Perché questo, esattamente questo diviene sublimazione e sintesi di vite non solo fallite, ma disgregate.

Non par loro vero di potersi vendicare.

Di poter finalmente dire “ORA tocca a me!”

Chi psicanalizza gli psicologi?

Non è dato di saperlo.

Così come i magistrati, i “filosofi”, i “virologi”, essi non rispondono a nessuno: libertà assoluta.

Indipendentemente dalle colossali cazzate che sparano.

O, nel caso dei magistrati, delle nefandezze che ingiustamente fanno subire a tanti, troppi consociati, compiacendosi del proprio assoluto arbitrio.

Ma veniamo ai Funerali del titolo.

Vedo voi.

Voi che applaudite di fronte ad una bara.

Vi piace il mogano forse?

A me si, ok, ma mi astengo dal recarmi in segheria col cazzo in mano ed i lacrimoni agli occhi per gratificare i legnaiuoli.

Quanto ci godete, nel far vedere quanto “soffrite”.

Amate i “gesti simbolici”, salvo poi doverli spiegare perché nessuno li ha capiti.

Vi smanacciate le pudenda sui “social” cercando d’esser più toccanti di Siffredi quando chiava o di Emily Bronte quando scrive.

Fate non poco schifo.

Perché in voi non c’è nessuna pudicizia, nessuna discrezione: il “dolore”, la “indignazione”, “l’odio” -merce rara che non andrebbe sprecata, per altro-, sono un condimento.

L’aceto balsamico che spruzzate sulla miseria inenarrabile delle vostre vite.

Dovete mostrare: o nulla siete.

Il ché andrebbe pure bene se foste musicisti (o Siffredi, ok…)

Voi mostrate la vostra “bravura” nel lacrimare a cose avvenute.

Come quelli che non poco tempo fa dimostravano quanto erano bravi a “stare a casa”.

Cosa vi costa, nel concreto, questo?

Nulla.

Stralabiate di “pikkoli anceli kaduti”, frasette da agenda smemoranda, “un po’dolce un po’ bastarda”, “sarai sempre con noi”.

Apparenza pura.

E non delle migliori.

Perché?

Perché io vi vedo.

Quotidianamente.

E SO che siete parte, se non origine assoluta del problema.

Interrogatevi, se ne avete il coraggio: quanti e quante di voi sanno dove trovare un grammo di cocaina se ne hanno voglia?

Quanti e quante di voi in nome di “consapevolezza” e “autodeterminazione” (parole che di per sé non significano assolutamente un cazzo) “lasciano correre”, voltano la faccia dall’altra parte, si fanno “i cazzi loro”, sport nazionale nella mia prima terra d’adozione, la Liguria?

Dove finiscono i “cazzi miei” e dove cominciano situazioni aberranti contro le quali posso fare qualcosa?

Attendo ancora risposta.

Nel frattempo mi sono premurato di chiamare la Forza Pubblica 19 volte negli ultimi 4 anni (sono nottambulo) e di aver messo per cappello, sfondandola, una televisione nuova all’ultimo imbecille che si è azzardato ad offrirmi cocaina al bancone di un bar.

Tutto parte dal piccolo.

Come il Cazzo, se volete e vi è più affine.

Ora, vedete, io risiedo abitualmente a 3 chilometri dalla casa del nuovo “mostro”.

Ho imparato ad amare questa seconda Terra d’adozione, vedendone il Bello -che è smisurato- e percependone il brutto, che poco non è.

E’ Terra complessa e stratificata.

Io ci sto bene: ho una bella casa, pile di libri su ogni superficie, chitarre con 100 Watt di amplificazione, pescivendoli, edicolanti, ristoratori e macellai con cui ho instaurato rapporti ormai non più solo commerciali ma oserei dire quasi d’amicizia.

Amo girare in macchina per il Cinto Euganeo, giusto per il gusto di farlo.

Si vedono belle cose, tra rocche, castelli, boschi, ville palladiane

Ma.

Ascolto.

Guardo.

Vedo.

A volte, troppo spesso anzi, si percepisce un degrado latente fuori parametro.

Cosiddetti “giovani” dispersi, liquefatti dalla droga, ovvero da una “cultura libertaria” della quale sono solo vittime e non protagonisti.

Il Sesso dato per scontato: aiuta a vincere la noia di una Provincia che, se possibile, è ancor più Provincia di quella ligure.

Il Sesso come merce di scambio: per una dose, per una ricarica, per una vacanza.

La smania, sottotraccia in alcuni, ben più pressante in quasi tutti gli altri di “essere”: ed “essere” qui vuol dire apparire.

Avere.

Spacciare per avere.

Consumare e consumarsi per “essere”.

Basta ascoltarli, in un bar casuale o in una pizzeria estemporanea: chi chiava con chi, dove la trovo a meno (la droga), forse me la da stasera (la Fica), ci spero (entrambe le cose).

Se poi frequentate una palestra, non ne parliamo: vi renderete conto di quanto la beceraggine congenita domini.

Un livello generalizzato di violenza, attitudinale più che fisica in senso stretto, che non conosce confini.

Infatti il “problema” in oggetto non è tanto la “violenza sulle donne”, che resta una pur drammatica “punta di iceberg”, quanto più la violenza tout court.

Ascoltateli e guardateli quando escono dalla cosiddetta “scuola”: urla, bestemmie, compiacenza del proprio degrado, gara a chi la spara più blasfema o la fa più grossa.

Zero estetica, merda a palate.

Nessuna tensione verso il Bello (che è non di rado Buono), nessuna curiosità per la Vita e le sue infinite ramificazioni, sfide, possibilità, gratificazioni.

Un orizzonte aberrante che non va oltre il soddisfacimento immediato di ogni estemporanea pulsione.

Chi non si adegua, come è successo a giovanissimi miei collaboratori ed amici sinceri, viene brutalizzato, magari solo perché diligente, perché rifiuta la logica squadrista del branco, perché rifiuta di drogarsi in compagnia o di assalire passanti inermi durante le ore notturne (sport assai diffuso, ad esempio, nella sedicente “capitale economica” della Nazione): in una parola perché ha delle prospettive.

Viviamo nel Paese ove il fratello di Sarah Scazzi tentò di commercializzare un “calendario” per “ricordare” la Sorella assassinata.

Mentre con abominevole nonchalance la di lei assassina chiedeva al giornalista di turno: “Te quanto fai di share”?

Viviamo in un Paese ove qualche anno fa tre baldracche infradiciottenni massacrarono a morte Suor Maria Laura Mainetti per il gusto di uccidere una Suora (Patriarcato anche qui, imbecilli?), per poi festeggiare l’avvenuto omicidio con una robusta sbronza in compagnia.

Viviamo in un Paese ove torme di imbecilli conclamati impestano i “social network” con strepitii di circostanza la cui unica funzione è peggio che masturbatoria: non vedono l’ora di mostrare a loro stessi quanto sono bravi a “indignarsi”.

Viviamo in un Paese, ribadisco, ove i suddetti avvertono come naturale, anzi, doveroso, applaudire di fronte ad un feretro.

Provate a pensare se solo qualche anno fa qualcuno si fosse permesso di fare altrettanto di fronte alla bara di un parente: sareste ancora in guardina per lesioni gravissime o tentato omicidio. E vi capirei e approverei senza scrupolo alcuno.

Ora, il sottoscritto sa, con certezza assoluta, che tale debordante e degradante violenza origini da una specifica “cultura”: su questo non ho dubbio alcuno.

Una “cultura” che col Patriarcato (maiuscola mia) non c’entra assolutamente un cazzo.

Ne è, anzi, antitesi piena e ributtante.

Le linee guida di tale “cultura” sono sempre le stesse, da decenni.

Le sue coordinate, la sua liturgia, i suoi sacerdoti sono noti, conosciuti, evidenti.

Spegnete per un istante lo “switch” dell’indignazione a comando e, per Dio, ragionate, possibilmente in autonomia.

Chiedetevi chi da anni pontifica sul “diritto al rischio”

Sul “diritto all’uso ricreativo delle sostanze psicotrope”.

Sul “diritto all’affettività ed alla sessualità”.

Indovinate chi è stato a demolire il nostro apparato scolastico fino a renderlo un parcheggio per disadattati completamente inutile a qualsivoglia Formazione ma tanto comodo per “genitori” i quali meno vedono i Figli più contenti sono.

Ascoltate, che so, un Bonaccini a caso che auspica l’estensione dell’obbligo scolastico dagli zero ai tre anni, perché nella testa di cazzo di certuni “amministratori” solo lo Stato è in grado di “educare” le nuove generazioni: la Famiglia è un noioso ostacolo da aggirare per formare “adulti consapevoli”.

Pensate alla costante menata di torrone sulla mancanza di “asili nido”, come se il problema educativo fosse concentrato esclusivamente sulle esigenze di predetti “genitori”, senza in nulla tener conto di quelle del Bambino, il quale DEVE “socializzare” da subito, anche se sta ancora nella culla.

Pensate a chi redige oggi i programmi scolastici, cercando di espungere fino alla desertificazione qualunque riferimento all’Eroismo, alla Gloria, alla Civiltà Medievale, alla Religione, alla Virilità, all’Oltre ed alla Metafisica.

Censori in servizio permanente ed effettivo che, “per il vostro bene” tentano, usando forbicette spuntate, di riscrivere la Storia e far crescere i nostri Virgulti completamente privi di radici, di apparato critico, di nerbo.

Lascio a voi la missione di individuarne nomi, cognomi, carica e stipendio.

E, naturalmente, di mandarli a fare in culo con estremo pregiudizio.

Dixi.

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